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In maschera fra divertimento e tradizione

II carnevale di Biasca ha origini molto antiche. Se ne parla addirittura in un documento latino del 1495. II documento riferisce di disordini e ferimenti avvenuti in zona di “confine fra Biasca e Leventina” (Pollegio).
Significa comunque che il carnevale esisteva già  prima: in che cosa consistesse la festa e che forma assumesse non lo sappiamo. Le origini vengono conosciute solo attraverso scritti ufficiali, generalmente destinati a reprimere le manifestazioni festose del popolo. Il territorio denominato Tre Valli era sotto la giurisdizione spirituale dei canonici del Duomo di Milano.
Il rigido regime instaurato da Carlo Borromeo aveva interdetto alcuni dei divertimenti più cari alla popolazione, come i balli, le danze e l’ascolto dei musicanti. Le Proibizioni non erano però osservate con molta diligenza da parte della popolazione, essendo il ballo una delle poche forme di divertimento e svago consentiti: la vita era già di per sè misera e piena di stenti. Carnevale era l’unica festa “tollerata” e si svolgeva (come ai giorni nostri) prima della Quaresima.
I fermenti di festa, sempre legati al carnevale, erano attivati da persone con attività  non legate all’agricoltura e all’allevamento, ma con attività che lasciavano il tempo di pensare anche al divertimento e al piacere di stare insieme ad inventare burle e scherzi per ridere e far ridere, uniti alla volontà di promuovere attività per il benessere della comunità.
Uno di questi gruppi, definito di buontemponi, in occasione di una riunione di carnevale, decise di portare l’energia elettrica a Biasca e nella regione (opera che verrà inaugurata nel 1895). L’iniziativa di questo gruppo sarà continuata nel 1902 dalla Società La Franchini.
La trasformazione delle condizioni economiche portano cambiamenti nel costume della comunità. Il carnevale, malgrado tutto, sopravvive in forma autentica sostenuto dalla popolazione e avvertito dalla comunità come una difesa della propria identità. Tipica consuetudine carnevalesca è quella di travestire, deformare e ridicolizzare la forma corporea, indossare una maschera per cambiare personalità. Il carnevale Biaschese era molto conosciuto per il fatto di essere trasgressivo (satira contro la chiesa, contro i militari e le Autorità in genere e per i travestimenti uomo-donna). Protagonista della festa è la figura del Re.
Colui che viene scelto come re assume, per quel breve periodo, una forza di comando a cui tutti si sottomettono (consegna delle chiavi da parte del Sindaco). Nel 1949 il Re era chiamato “Sua Maestà Tric e Trac, Duca della Catenella, reggente del Gran Ciondolo di Biasca”.
Il suo giornale satirico era “Ol Bofett” che dal “’51 al ’54” è stato chiamato “La Sventola” e dal 1955 ha assunto l’attuale denominazione “Ra Froda”. Il nome della Regina “Taitü” era quello della regina d’Etiopia, moglie del Negus. A partire dal 1951 assume la guida dei sudditi biaschesi “Re Naregna”, nome che significa “irrefrenabile scoppio di risa”.
Nel 1971 un nuovo comitato ha assunto la guida del Carnevale Biaschese portandolo al successo che oggi conosciamo sia a livello di programma che di produzioni carnascialesche tipiche con gruppi di carristi, tutt’ora in attività, come i “Sciuscia Ciolt”, i “Cagna Gropp”, la “La Franconi Ghelìtt”, “I Püpp dra Froda”, “Dero SA”, i “Travacoi”, i “Formighin”, i “Schpaka Nos”, i “Atapirei”.
Il corteo di Biasca si svolge il sabato pomeriggio e si snoda attraverso un percorso cittadino. Oltre ai carri, sono presenti parecchie bande, sia nostrane, che d’oltre Gottardo ed estere. Il carnevale non conosce distinzione fra attori e spettatori, non conosce palcoscenico.  Al carnevale non si assiste, ma lo si vive, e lo si vive tutti poiché è fatto dall’insieme del popolo.